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Ipomania, segno discreto? Interview a Roberto Cavasola (SLP)

Interview di Carla Antonucci

C.A.: Roberto Cavasola lei è uno Psicanalista della Scuola Lacaniana di psicoanalisi del campo Freudiano, AME della AMP psichiatra a tempo pieno dell’Ospedale San Giovanni di Roma, ha pubblicato un libro sulla depressione e l’isteria dal punto di vista della teoria di Lacan, sta proseguendo il suo studio sulla depressione interessandosi alla psicosi maniaco-depressiva. La diagnosi di disturbo bipolare è diventata così frequente che sembra quasi essere una moda?

RC: La clinica rischia di essere spazzata via dalla valanga delle diagnosi di disturbo bipolare che stanno creando uno strano fenomeno, quello di una finta epidemia. I sociologi si chiedono se l’aumento del 4000% della frequenza del disturbo bipolare negli ultimi anni debba essere considerato come un’epidemia. La risposta è no. Si tratta di una semplificazione dei criteri diagnostici introdotto dal DSM che privilegiano le variazioni dell’umore come un segno gerarchicamente dominante rispetto agli altri, e che decide della diagnosi. Le variazioni dell’umore sono transcliniche ma la vera psicosi maniaco-depressiva è un entità meglio definita del disturbo bipolare.

CA: Pensi che sia interessante parlare di ipomania perchè è un sintomo poco evidente e quindi sembra rientrare tra quei segni discreti che ci interessano quando parliamo di psicosi ordinaria?

RC: Dato che la psicosi ordinaria fa riferimento alla considerazione di segni discreti dobbiamo focalizzarci sull’ipomania che, proprio perchè non è così clamorosa come la mania, ha un carattere di segno discreto.

Nei paesi anglofoni c’è una moda delle autobiografie di bipolari scritte da persone che hanno scoperto di essere bipolari, e che vogliono comunicare la loro esperienza, perchè per tanto tempo non si erano resi conto di esserlo. Vogliono anche aiutare gli altri a prendere coscienza del loro bipolarismo e a curarsi in modo da evitare di trovarsi nei pasticci o da risparmiarsi delle sofferenze.

Jane Pauley, la famosa giornalista americana che per tredici anni compariva tutte le mattine nella trasmissione della NBC, Today, racconta di avere avuto un episodio ipomaniacale in seguito a una cura di cortisone e di ormoni al momento della menopausa. Possiamo però chiederci se già prima di questo episodio non fosse presente un segno discreto che ne individuava la struttura clinica. A lei sembrava di non essere niente, di non evere nessuna qualità particolare e questo contrastava col fatto che fosse una delle giornaliste televisive di maggior successo, molto amata dal pubblico. Lo share della trasmissione è crollato quando lei ha voluto prendersi una pausa dopo tredici anni in cui passava la notte a preparare la trasmissione quotidiana e il giorno a occuparsi dei suoi bambini. Si direbbe che la sua immagine pubblica sia stata per lei un supporto identificatorio che le ha consentito di fare una vita normale. Ma questo rientrerebbe in quello che è stato chiamato una esteriorità soggettiva, perchè se per un verso lei era la famosa Jane Pauley per un altro verso si portava dietro una intimità segnata da un senso di vuoto, che era coperta da un’intensa attività quotidiana.

Un altro esempio è quello di Andy Behrman, un giovane Newyorkese che ha scritto la più interessante autobiografia mai pubblicata sulla psicosi maniaco-depressiva. Prendiamo in considerazione il suo rapporto con il godimento: c’è una sregolatezza rispetto a quello che può dare una soddisfazione che è caretteristico dell’ipomania. Ha una difficoltà a darsi dei limiti, anche se guadagna ventimila dollari al mese non gli bastano perchè spende troppo. Entra in un negozio per comprarsi una giacca e ne prova cinque; la commessa gli dice ogni volta: «questa giacca le sta veramente molto bene, è veramente perfetta per lei», lui non può fare a meno di comprare tutte e cinque le giacche e quando esce dal negozio si rende conto di avere speso tutti i soldi. Il rapporto con il sembiante è particolare, il soggetto è troppo dipendente da un’immagine narcisistica, dall’io ideale che viene a coprire una mancanza a livello della soggettività.

Il bisogno di soldi lo porta ad avere delle strane disavventure, nelle quali sembra davvero smarrito, fa delle cose senza sapere perché le sta facendo. Dato che non dorme la notte esce per comprarsi un panino e si ritrova in un locale di Times Square dove gli viene proposto di prostituirsi con degli uomini; lui accetta senza pensarci due volte, anche se non aveva una particolare inclinazione omosessuale. Il suo rapporto con il corpo non sembra implicato da un vero desiderio e lui usa il suo corpo come se la condizione di desiderio fosse relativamente indifferente, si accontenta di vedere implicato il proprio narcisismo, il fatto di essere richiesto, di avere delle proposte. Ma è evidente che non reperisce nella propria soggettività qualcosa che gli consenta di operare una discriminazione. A furia di accettare delle proposte senza andare tanto per il sottile accetta la proposta di una coppia che gli chiede di partecipare a giochi sadomasochisti; lo portano in una camera di albergo e lo legano a una sedia; non fanno niente con lui se non lasciarlo da solo nella camera mentre vanno a divertirsi altrove. Lui prova ad urlare ma nessuno lo sente e si chiede se morirà di fame e di sete legato a quella sedia; molte ore dopo la coppia ritorna e lo libera; il gioco della coppia era solo di angosciarlo. Nel fare delle cose improvvisate prende un aereo per Los Angeles e quando arriva all’areoporto di Los Angeles non capisce cosa ci è andato a fare, e torna indietro con il primo aereo per New York.

CA: Quello che tu hai chiamato il carattere smarrito e senza limiti può avere delle conseguenze disastrose in queste persone.

RC: Sì, è così. Lui faceva anche il Pr di un pittore di successo iperproduttivo che vendeva moltissimi quadri; un’amica pittrice gli propone di confezionare dei falsi che lui riesce facilmente a vendere a delle gallerie di Tokyo. Dopo un certo tempo l’inganno viene scoperto e viene condannato a un anno di prigione; questo avvenimento cambierà la sua vita e lo porterà a scrivere il suo libro. Si vede bene come la mancanza di un interdetto sia collegata alla mancanza di un limite. La legge che non è inscritta nel simbolico fa ritorno nella condanna a livello della realtà, nella pena del carcere.

L’ipomania è un sintomo della psicosi maniaco-depressiva e non è un segno della psicosi ordinaria, ma si avvicina per molti aspetti alla psicosi ordinaria perchè i soggetti possono sembrare normali per molto tempo e non di rado sono persone di successo. Nella società contemporanea, caratterizzata da una spinta superegoica al godimento e da una promozione del narcisismo come una qualità che assicura il successo le persone ipomaniacali sembrano quasi meglio adattate. L’attenzione che abbiamo dato ai segni discreti grazie allo studio della psicosi ordinaria ci invita a valorizzarli e a studiarli anche nella clinica classica della psicosi maniaco-depressiva. Le forme lievi della psicosi-maniaco depressiva sono poco appariscenti e proprio per questo il DSM ha confezionato la categoria del Bipolare II; del resto gli autori delle numerose autobiografie affermano sempre che per anni non si erano affatto resi conto dei loro sintomi. La clinica lacaniana permette di cogliere il fondamento strutturale dei segni discreti dell’ipomania.