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Una nuova raffinata e accresciuta potenza

“La peculiarità dell’ordine, dove ce n’è un minimo, è che non lo si può gustare, perché è stabilito” (Autres écrits, p.532). Prenderei questa frase di Télévision come pezzo staccato da cui partire, perché Lacan contrappone qui l’ordine – quello edipico, quello del significante – al godimento, quello che il significante non riesce a contrassegnare né a fissare. Il godimento è l’antitesi dell’ordine, e se l’ordine si articola con la mancanza, il godimento è piuttosto dalla parte del buco, come ha chiarito Jacques-Alain Miller nel suo corso Illuminations profanes del 2005-2006. Sappiamo cosa può accadere nella psicosi quando il soggetto incontra questo buco non delimitato dalla mancanza: è il passaggio all’atto, che può arrivare alle forme più estreme, quelle di distruzione del “mondo” (come avviene nelle stragi indiscriminate sul modello Columbine) e di autodistruzione (“la mort du sujet” di cui parla Lacan).

Sappiamo però che nella psicosi, prima che sia conclamata, ci sono anche modi diversi di affrontare il problema. Possiamo considerare anzi certe forme di psicosi come precise modalità di trattamento del buco. Gli esempi canonici sono Joyce e Cantor. Il primo realizza un trattamento del buco attraverso la letteratura, grazie alla quale si fa un nome, il secondo lo realizza attraverso la matematica, per mezzo della quale, e qui sta la sua straordinaria acrobazia, ricostruisce un ordine dopo aver sfondato la numerabilità dell’infinito.

Se Joyce intreccia le parole in un disordine del senso, che si assottiglia e svanisce nelle mirabolanti concatenazioni verbali, Cantor riordina l’infinito in un crescendo di infiniti in cui niente è tutto, perché non c’è termine ultimo. In un certo senso, possiamo dire che Joyce e Cantor riescono a farci gustare un nuovo ordine ricostruendolo con i mezzi del disordine. Ogni delirio, in fondo, è la ricostruzione di un ordine del mondo attraverso il passaggio della sua distruzione, ma è un ordine fuori discorso, a cui non riusciamo a partecipare con il nostro “senso comune”. Joyce e Cantor, pur violando il senso comune, ci fanno rientrare nel loro diverso ordine per altre vie, che ci includono e che allargano così anche lo spazio del nostro pensiero. I grandi creatori sanno portare l’invenzione psicotica a un livello in cui, anziché deragliare nel fuori discorso, innalza il discorso corrente a una nuova raffinata e accresciuta potenza.

 

(Traduzione: Maria-Laura Tkach)